2° PARTE
IL SONNO E L’ATLETA
LA RIDUZIONE E L’INTERRUZIONE DELLE VARIE FASI PUO’ PORTARE AD UNA PRIVAZIONE DEL SONNO CON FORTI IMPATTI SULL’ATLETA.
Ci sono sufficienti evidenze che attribuiscono alla deprivazione di sonno un effetto fortemente negativo sulla performance, al contrario l’adozione di comportamenti virtuosi volti al miglioramento della quantità e della qualità del sonno consentono di massimizzare la prestazione sport-specifica. Un recente studio in un piccolo gruppo di ciclisti e triatleti ha mostrato migliori risultati nell’allenamento di lunga durata dopo tre notti di estensione del sonno rispetto al solito (da 6.8 ore a 8.4 per notte) per questo motivo si raccomanda a atleti di endurance di dormire almeno 8 ore per ottimizzare la performance. Uno studio di Kribbs e Dinges ha invece evidenziato come negli atleti di sport di potenza (ad esempio i 100 metri di velocità) la deprivazione del sonno porti ad una percezione/reazione notevolmente inferiore: il declino della prestazione scende del 10-20% in risposta ad uno stimolo esterno come lo sparo della pistola allo start. Decrementi di questo tipo provocano uno svantaggio enorme in competizioni in cui i centesimi di secondo fanno la differenza tra arrivare primi o secondi.
L’inadeguatezza del sonno è alta in particolare tra gli atleti di elite spesso soggetti ad allenamenti estenuanti e programmi di gara che limitano le opportunità di recupero durante la notte (meno di 7 ore in media). Sonno non rigenerante, senso di spossatezza e fatica, ma anche un maggior tempo impiegato per addormentarsi sono disturbi provati dal 50 al 78 % degli atleti, sintomi che possono sfociare in una maggiore frammentazione del sonno e insonnia.
Tuttavia, è importante sottolineare il ruolo svolto dai fattori sociali, di cui il più importante risulta essere l’utilizzo di smartphone e altri apparecchi elettronici che andrebbero evitati almeno un’ora prima di coricarsi. Viaggi lunghi, alti carichi di lavoro, allenamenti mattutini e la tensione tipica della notte prima della gara sono altri fattori da tenere in considerazione.
Non tutti gli sportivi hanno lo stesso rischio di incorrere in problematiche legate allo scarso recupero. Sport di contatto, di lotta e il bodybuilding sono i più predisposti, richiedono infatti categorie di peso o canoni di estetica che impongono importanti restrizioni energetiche e diete ipocaloriche nei periodi pre-gara. (vedi influenza dell’alimentazione nel sonno)
Gli atleti di elite seguono programmi di allenamento rigorosi e attentamente pianificati per ottimizzare il picco di prestazione in corrispondenza degli eventi di maggiore importanza durante la stagione agonistica. Lo stress fisico rappresenta la chiave del successo, ma quando l’equilibrio tra stress e adeguato recupero si rompe è possibile incorrere nella cosiddetta sindrome del sovrallenamento (overtraining).
L’overtraining è definito come un decremento della capacità di prestazione a lungo termine, spesso associato a sintomi fisiologici e psicologici quali alterata percezione della fatica, stati altalenanti dell’umore, della concentrazione, del sonno e dell’appetito. Si raggiuge dopo tre ben distinte fasi:
La prima è quella della fatica accumulata dopo una singola sessione di allenamento, è naturale e si recupera facilmente nei giorni a venire. La seconda fase è l’overreaching funzionale, più lunga della prima (2-3 giorni) è ancora fisiologica e ricercata con l’allenamento.
L’overreaching non funzionale è la tappa immediatamente precedente all’overtraining, per tale motivo è anche la più delicata, lo stress accumulato è molto alto. In questa fase è di enorme importanza riconoscere in tempo i sintomi per non arrivare al sovrallenamento vero e proprio.
Come indicato in precedenza, i disturbi del sonno sono frequentemente riportati come uno dei tanti sintomi del sovrallenamento. Gli atleti hanno riportato di avere difficoltà nell’addormentarsi, di provare inquietudine e gambe pesanti durante la notte. Numerosi fattori possono contribuire ad alimentare questo circolo vizioso, l’immunodepressione rappresenta uno degli aspetti da tenere in considerazione (marcata riduzione nella funzione dei neutrofili, nella proliferazione dei linfociti e nelle cellule T circolanti) e un’alta incidenza di infezione delle alte vie respiratorie è caratteristica di questi atleti. Overreaching o overtraining possono cambiare lo stato d’animo e aumentare stress e ansia.
ALTRI EFFETTI DELLA DEPRIVAZIONE DEL SONNO
- RIDUZIONE DELLE CAPACITA’ COGNITIVE
Fino a venti anni fa si riteneva che la deprivazione di sonno prolungata nel tempo portasse solo a sonnolenza senza ulteriori effetti negativi sulle funzioni cognitive. Negli studi operati tra il 1997 e il 2003 si è dimostrato come in realtà vengano compromesse l’attenzione e la velocità di risposta in seguito alla perdita di ore di riposo. Dopo 12 notti di restrizione del sonno, ottimismo e socialità sono alterati, mentre dal punto di vista fisico si sono verificati dolori alla schiena, mal di stomaco e malessere generale, così come sensazioni di depressione, rabbia, frustrazione, tensione, ansia e paranoia.
In generale le funzioni cognitive decadono il doppio rispetto alla prestazione motoria dopo un periodo di sonno inadeguato, non è quindi una buona idea per chi deve presentarsi a scuola o al lavoro se si hanno compiti da svolgere quali l’imparare, memorizzare, fare calcoli aritmetici, o prendere decisioni.
- RIDUZIONE DELLA STABILITA’ EMOTIVA
Uno dei primi sintomi associati alla deprivazione di sonno è proprio l’incapacità di affrontare le emozioni. Anche solo con una minima perdita di sonno, lo sforzo percepito aumenta così come la soglia della rabbia, i soggetti mostrano un livello elevato di depressione, stress, ansia, preoccupazione e frustrazione. Una situazione psicologica di questo tipo si riflette in un peggioramento anche di tutti i parametri fisiologici, aumentano di conseguenza:
- Frequenza cardiaca
- La respirazione
- Concentrazione di lattato nel sangue
- Dopamina circolante
- ORMONE DELLA CRESCITA
L’ormone della crescita è essenziale per la riproduzione e la rigenerazione delle cellule. La secrezione di questo ormone è influenzata dal ritmo circadiano (alternanza giorno e notte) e dal nostro orologio biologico (quando andiamo a dormire e quando ci svegliamo). In normali circostanze questi due sistemi lavorano in concerto, in questo modo la maggior parte della produzione di ormone della crescita avviene nella notte, in particolare durante le fasi profonde del sonno. Similmente ai software dei computer che bloccano tutte le operazioni eccetto quelle di sistema per fare aggiornamenti, il nostro corpo interrompe tutte le funzioni tranne quelle vitali per massimizzare la riparazione e la crescita.
- DIFESA CONTRO AGENTI INFIAMMATORI
Una settimana di sonno ridotto (circa 6 ore a notte) aumenta l’espressione di geni collegati a neoplasie, all’infiammazione cronica e allo stress mentre compromette la funzione immunitaria. La risposta anticorpale a un vaccino può diminuire del 50% e l’esposizione a virus influenzali ha portato a un rischio maggiore di 3 volte di contrarre l’infezione in coloro i quali avevano dormito meno di 7 ore a notte contro quelli che ne avevano dormite almeno 8.
- E DAL PUNTO DI VISTA METABOLICO?
La capacità di processare il glucosio viene alterata, aumenta il senso di fame così come l’infiammazione a livello dei vasi. Un sonno abituale di 5-6 ore a notte è associato a un maggior tasso di diabete di tipo 2, obesità e infezioni respiratorie.
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Giacomo Gamberini
Laureando in scienze motorie sportive e della salute